Il grado di libertà di un uomo si misura dall'intensità dei suoi sogni (cit. Alda Merini)
- Marco Fontana
- 23 mar 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Dal 25 febbraio 1991 data della mia assunzione, sono passati 32 anni. All’epoca di anni ne avevo 19 e avevo anche tanta voglia di essere indipendente. Accettare l’offerta del CAB-Credito Agrario Bresciano, una delle tre banche locali, è stata una scelta abbastanza facile non perché fosse una strada segnata dalla tradizione familiare, dato che mio padre era un elettrauto e mia madre una casalinga, ma era la scelta personale più logica per costruirmi un futuro autonomo.
Allora nei paesi della provincia le persone più importanti erano ancora il sindaco, il prete, il dottore e il banchiere, etichettando così tutte le persone che lavoravano in banca. Nelle filiali c’erano faldoni di carta ovunque, nelle direzioni centrali fra uffici ci si scriveva lettere su carta intestata firmate e timbrate, alcune procedure informatiche ricordavano ancora il funzionamento delle schede perforate e le operazioni allo sportello erano delle sequenze di sigle, virgole, codici, date valuta e importi.
Al fianco di persone che si sentivano privilegiate per avere un posto fisso in banca, vi erano molti giovani che come me avevano voglia di vedere cose diverse e si approcciavano con curiosità a un mondo che stava per cambiare grazie alla strisciante ma inesorabile evoluzione tecnologica, organizzativa e normativa che le banche volevano o dovevano intraprendere. C’era fame di dinamismo e gli appena ventenni bancari, perché allora si assumevano molti diplomati, subivano ancora l’influenza dei film americani anni Ottanta pieni di storie di successo e lieti fine. Non c’era il job posting ma ricordo che fra il proporsi, per andare a lavorare in una filiale di nuova apertura, e l’andarci non passavano molti giorni e questa velocità ti metteva nelle condizioni di stare in prima linea, vedere cose nuove, fare un po’ di tutto e spesso anche doversi arrangiare, imparando ogni giorno a relazionarsi con le persone sempre diverse. In pratica imparavi cosa fosse la banca. Queste cose segnano positivamente. Queste cose ti abituano ad aspettarti le novità. Queste cose ti insegnano ad affrontare le difficoltà.
Nell’ultimo trentennio il termine cambiamento è quello che più di altri sintetizza la vita lavorativa in banca. La necessità di adattarsi è stata la sveglia che ogni mattina ti metteva in piedi e le novità un po’ alla volta diventavano il carburante delle tue giornate. Quel che poi è successo alle banche fra fusioni, scissioni, cessioni, incorporazioni è storia e ci ha coinvolti tutti indipendentemente da quale era la parte dove si stava, vincitrice o vinta. Le guerre fra fazioni duravano lo spazio fra due operazioni straordinarie, perché c’è sempre un pesce più grande, ed erano sempre fomentate dalla paura di perdere o dal rancore di aver perso la propria stabile comfort zone.
A me però piace la discontinuità perché sono stato viziato positivamente da quel che ho vissuto sulla mia pelle la mia comfort zone è all’esterno dell’ambito lavorativo e rappresenta un faro che indica sempre la rotta anche se il mare può essere calmo o burrascoso. Soprattutto negli ultimi anni ho visto colleghe e colleghi che non hanno saputo gestire i cambiamenti lavorativi e pensando di essere in balia di una tempesta sono scappati rifugiandosi in situazioni che poi si sono rivelate anche peggiori.
Qualche tempo fa un collega mi ha chiesto se mi ritengo fortunato ed io gli ho risposto di sì. In 32 anni ho fatto un percorso professionale vario ed interessante ed oggi ho ancora la curiosità di conoscere cose nuove e confrontarmi con persone e situazioni nuove. Di questo ne vado fiero.
In questi anni, uno degli insegnamenti che ho tratto è che da un lato bisogna avere delle aspettative dall’altro dei sogni. Da un punto di vista professionale l’aspettativa, che etimologicamente dovrebbe derivare dal latino guardare fuori o guardare verso, è l’attesa che si verifichi qualcosa. Ovviamente anche il tipo seduto sul fiume che attende il cadavere del suo nemico ha un’aspettativa, ma dal punto di vista professionale il “guardare verso” credo voglia dire essere consapevoli di quel che ci circonda e delle possibilità che l’ecosistema nel quale ci troviamo a lavorare ci mette a disposizione. È tuttavia ovvio che le nostre aspettative possono essere in certi modi influenzate da quel che ci viene raccontato o che ci lasciano credere da cui ne deriva l’importanza di sapersi comportare e di saper comunicare in modo leale, serio, onesto ed etico pretendendo la stessa cosa dagli altri ma considerando che gli altri possono agire diversamente per paura, incapacità, motivazioni personali, ecc. Avere un’aspettativa troppo alta o troppo bassa ci può porre di fronte al problema della delusione, più forte nel primo caso e di minor effetto nel secondo, ma è saggio ricordare che aspettarsi che qualcosa accada non lo farà accadere ed allo stesso tempo se qualcosa non accade come te lo aspetti non significa che sia stato tutto inutile. Riflettendoci sopra ci si accorge di essere sempre più ricchi di prima.
Sognare è bellissimo, indipendentemente dall’idea del sogno quale proiezione di un desiderio che il subconscio cerca di far emergere o qualsiasi altra cosa. Ho fatto dei sogni, belli o brutti, che potrebbero essere trasposti in film ed il ricordo di alcuni è tutt’ora impresso nella mia mente nonostante siano passati anni. Il sogno però non è solo una esperienza onirica ma è anche qualcosa che scaturisce dalla nostra mente da svegli. È legato certamente al desiderio ed alle necessità ma anche al dinamismo, alla positività, alla visione che ciascuno ha. Avere dei sogni vuol dire mantenere l’ottimismo sempre vivo. Il sogno è anche un insieme di emozioni. Sognare è come guardare un panorama oltre le nostre aspettative e questo concetto dell’oltre secondo me non va visto solo o necessariamente legato alla vita professionale ancorché lavorare all’interno di una organizzazione che sa trasmettere di avere essa stessa un sogno è motivante, coinvolgente ed emozionante.
Credo che di fronte al cambiamento sia importante mettersi sempre in discussione senza scappare dalle risposte scomode che si possono trovare e mantenendo la capacità di sognare. Intensamente. Per noi stessi e per gli altri.
Il grado di libertà di un uomo si misura dall'intensità dei suoi sogni (cit. Alda Merini)
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